Poppi
è il capoluogo del comune più vasto del Casentino, una valle che nel
corso dei secoli ha mantenuto pressochè intatte le sue bellezze
artstiche e naturali, situato sulla cima di un
colle a 473 m di altezza slm, sovrasta la piana di
Campaldino a nord e la valle dell'Arno in direzione di Bibbiena a sud.
Posto al centro della valle
,
estrema propagine centro orientale della Toscana al confine con
la Romagna, Poppi dista 56 km da Firenze e circa 35 Km da Arezzo.
L'origine del toponimo è incerta, alcune ipotesi ritengono che sia da attribuire al nome della
gens romana Pupia o Pompilia altre, attualmente più accreditate, ritengono che Poppi derivi dal termine arcaico
poplo
cioè poggio, colle, rilievo.
La
storia del paese è
strettamente legata alle vicende della famiglia dei conti Guidi che lo
dominarono dal 1191 fino al 1440 quando divenne sede del Vicario della
Repubblica di Firenze.
Alla famiglia dei Conti Guidi si deve la struttura dell'attuale borgo
medioevale fu infatti il conte Simone da Battifolle che nel 1200
iniziò la trasformazione del cassero del castello in residenza
signorile di città e nel 1261 fece costruire l'attuale cerchia muraria
con le cinque porte di accesso al paese oggi ridotte a
quattro.
Nel Castello di Poppi soggiornò nel 1307 e poi nel 1311
Dante Alighieri e la tradizione vuole che
proprio a Poppi il sommo poeta abbia composto il XXXIII canto dell'
Inferno.
Oggi nei saloni del castello vengono ospitate numerose mostre di opere d'arte e si svolgono convegni e spettacoli musicali.
Percorrendo
la cinta muraria che ancora oggi in gran parte circonda il paese si
nota come questo sia stato costuito con una singolare forma ad "L" i
cui poli d'assetto urbano sono da un lato il castello dei Conti
Guidi e dell'altro l'Abbazia di San Fedele.
Per raggiungere Poppi dalla strada statale si attraversa l'abitato di
Ponte a Poppi, nato come mercatale del castello e oggi sede
dell'espansione moderna del paese, ed il ponte sul fiume Arno.
Poppi è un punto di osservazione panoramico di tutta la valle del
Casentino, da dove si può
ammirare la dorsale del Pratomagno, la piana
dell'Arno e l'ampia distesa dell'Appennino dal
Falterona alla Verna. Per la caratteristica del suo centro storico e la
pregevolezza dei suoi monumenti è stato inserito a buon diritto tra i
Borghi più belli d'Italia.
Il territorio comunale di Poppi fa parte del
Parco Nazionale delle foreste casentinesi all'interno del quale si trovano gli abitati di Badia Prataglia e Camaldoli, con il
vicino Eremo fondato da San Romualdo, luogo di solitudine e
contemplazione.
Badia Prataglia è un centro turistico a 843 m s.l.m. famoso come una
delle più attrezzate località per praticare gli sport invernali in
Casentino.
La strada panoramica che unisce questo centro con L'Eremo di Camaldoli
è particolarmente suggestiva e consente di percorrere il crinale
dell'Appennino con viste mozzafiato.
Camaldoli è uno dei centri spirituali più noti della Toscana e del
Centro Italia, qui San Romualdo fece costruire l'Eremo intorno al 1012
e fondò la Congregazione Camaldolese dell' Ordine di San Benedetto.
Oggi Camaldoli è meta di migliaia di turisti
che vi giungono in ritiro spirituale ma anche per ammirare l'immenso
patrimonio artistico culturale del santuario e della biblioteca del
Monastero e per vivere immersi nella natura delle sue foreste ancora
oggi incontaminate.
Vale la pena ricordare che nella pianura a nord di Poppi, poco lontano
da Certomondo, sulla riva sinistra dell'Arno, si trova la piana di
Campaldino resa celebre dalla battaglia che vi si combattè l'11 giugno
1289 tra 8.000 ghibellini di Arezzo e 12.000 guelfi di Firenze. A
guidare l'esercito fiorentino, rinforzato da reparti provenienti da
molte città toscane guelfe, c'era il provenzale Amerigo di Narbona
affiancato sul campo dal cavaliere Guillaume de Durfort, mentre le fila
aretine erano schierate sotto le bandiere di Guglielmino degli
Ubertini, vescovo di Arezzo, insieme a quelle di Bonconte da
Montefeltro e altri ghibellini di Toscana. L'obbiettivo dei fiorentini
era quello di giungere ad Arezzo attraverso il Casentino, invece che
dal Valdarno, in modo da prendere di sorpresa le file ghibelline.
La
battaglia fu cruenta, metà dell'esercito aretino cadde sul campo, tra
cui Bonconte, il vescovo Ubertini e il portastendardo dell'Impero il
conte Percivalle, e molti furono i prigionieri condotti a Firenze.
Le sorti della scontro furono decise dalla diserzione del Podestà di
Arezzo Guido Novello, Conte di Poppi, che invece di intervenire, quando
gli aretini stavano
soccombendo, fuggì con i suoi cavalieri nel vicino
Castello di Poppi permettendo ai fiorentini di vi
ncere.
Questa battaglia combattuta con una strategia nuova per gl
i sco
ntri
militari dell'epoca è divenuta presto un simbolo dell'imma
ginario
collettivo dei toscani e Dante Alighieri che vi partecipò c
ome
"feditore" tra le prime schiere dei guelfi, avrebbe poi citato nella
Divina Commedia quel sabato di San Barnaba nel cantare la morte di
Bonconte da Montefeltro.